Detective Conan,
una serie amata da pochi.
Riflessioni sulla serie.
Quante volte ho sentito dire questa frase “Detective
Conan è troppo lungo, non mi piace perché la vera trama procede a rilento e ci
sono troppi filler”. Insomma la serie manga (fumetto giapponese) di Conan non
piace, soprattutto perché raramente compaiono gli uomini in nero. Eppure molti non considerano quanta importanza abbiano quei capitoli ritenuti
da molti “filler”, ma che in realtà non lo sono.
Sfatiamo questo mito! Secondo me, i filler compaiono, ma sono decisamente pochi e servono, a volte, all’autore per organizzare le idee, evitando di realizzare dei capitoli che potrebbero non essere soddisfacenti o all’altezza della trama. I capitoli dove non è presente l’organizzazione o un possibile collegamento con essa, non sono filler, bensì sono costruiti per necessità da Gosho; in quanto servono ad approfondire i personaggi e le relazioni con i protagonisti. Inoltre, non essendo solo un genere in cui compaiono delitti, ma fatto anche di storie d’amore, è giusto che l’autore si soffermi qualche volta ad evolvere una possibile coppia all'interno della serie cosa che non potrebbe certamente fare all'interno dei capitoli sugli uomini in nero, perché in quelle vicende entrano in gioco l’angoscia, la paura, la strategia per trovare prove contro l’organizzazione, arrivare alla verità.
Gosho studia tutto nei minimi particolari, per questo ogni volta che introduce una saga con gli uomini in nero è sempre avvincente.
L’evoluzione dei personaggi è importante, ma soprattutto il fatto che il protagonista non può certo incontrare membri degli uomini in nero ogni volta che gira un angolo della strada, sarebbe irrealistico e non essendo un romanzo fare giganteschi salti temporali spezzerebbero la serie e tutto potrebbe cambiare anche in peggio. Per esempio la costruzione del personaggio del Dottor Niide prima dell’introduzione di Vermouth, oppure banalmente la cotta di Ai/Shiho Miyano per il calciatore Higo, mostrando a piccole dosi il cambiamento della ragazza e del fatto che forse per la prima volta si è presa una cotta nella sua vita. Anche i campeggi con i Detective boys sono importanti, a mio parere, perché mostrano Conan che conduce una vita parallela alla sua vera vita, quella del liceale Shinichi Kudo, che ha nuovi amici, dei bambini, e di come deve abbassarsi anche lui a fare certe esperienze infantili per non far scoprire la sua reale identità. Insomma è tutto studiato nei dettagli, un po’ anche per far creare una crisi d’identità nel personaggio che si ritrova di punto in bianco a vivere una nuova vita che in fondo non è la sua, sta solo recitando una parte. Ogni caso, ogni saga è un tassello del puzzle e sono tutti pezzi importanti per la composizione del quadro finale.
Forse mi sbaglio, ma io la penso così. Ogni personaggio ha la sua importanza ed è giusto che siano valorizzati tutti allo stesso modo chi più, chi meno. Anche la ripetizione di alcune scene, come il momento in cui Conan deve addormentare Goro per risolvere un caso, oppure che sistematicamente dove va Shinichi ci sia un morto e Gosho, ironizzando con la sua opera, lo fa notare più volte; povero ispettore Megure che è ancora lontano dalla verità, ovvero che Conan sia Shinichi, invischiato in una situazione più grande di quella che sembra. Quella ripetizione di eventi che ricorrono spesso sono probabilmente volti ad uno scopo. Quello di farci ricordare nel tempo quei personaggi, quelle situazioni e la serie in sé che, infatti, resteranno impressi per sempre nella nostra memoria.
Anche se a volte Gosho ci fa incazzare si può dire che abbia, in fondo, creato qualcosa di unico.
- Anna -